Dati interessanti dall’indagine sul recepimento della normativa 231

Sono stati recentemente diffusi i dati di un’indagine condotta da Confindustria e da alcune Associazioni territoriali, in collaborazione con Tim, per verificare il livello di diffusione dei modelli organizzativi di cui al Decreto Legislativo n. 231/2001 (“Decreto 231”) nelle diverse realtà aziendali italiane e l’approccio delle imprese rispetto al rischio di fenomeni corruttivi.

Il campione era costituito da imprese di diverse dimensioni (da imprese con oltre 250 dipendenti alle micro-imprese con meno di 10 dipendenti), operanti in vari settori dell’economia nella realtà nazionale e all’estero.

Dai dati è emerso che solo un terzo del campione ha adottato un modello organizzativo disciplinato dal Decreto 231, con una forte disparità tra grandi e micro imprese. Solo le prime, infatti, sono dotate di un modello organizzativo al fine di contrastare i fenomeni corruttivi.

Varie sono le soluzioni adottate dalle aziende intervistate in materia di modelli organizzativi.

Nel 37% dei casi le funzioni dell’Organismo di Vigilanza, organo collegiale fondamentale nell’architettura del modello organizzativo di cui al Decreto 231, sono affidate al Collegio Sindacale o agli altri organi allo stesso equiparabili, come il Consiglio di sorveglianza e il Comitato per il controllo della gestione.

Con riferimento al trattamento sanzionatorio, sebbene gran parte delle aziende intervistate (80% circa) preveda un sistema disciplinare, alcune di queste lo indirizzano esclusivamente a determinate categorie di dipendenti, apicali o sottoposti, mentre meno della metà ha adottato un corpus di norme differenziate in base alle diverse categorie di soggetti impiegati. Nessuna tra le imprese intervistate ha, però, previsto misure per sanzionare l’inosservanza del modello da parte di soggetti terzi contraenti.

Il Codice Etico, al cui interno sono racchiusi i principi e le regole di comportamento che l’ente considera rilevanti ai fini della prevenzione dei reati-presupposto, è adottato da gran parte delle aziende costituenti il campione dell’indagine.

Inoltre, al fine di promuovere il rispetto delle regole e il c.d. whistleblowing, ossia la denuncia di comportamenti illeciti da parte dei soggetti che operano all’interno della realtà aziendale, gran parte delle società intervistate ha adottato sistemi atti ad assicurare l’anonimato dei soggetti segnalanti, attraverso la predisposizione di caselle di posta elettronica riservate alle segnalazioni (solo per un quarto del campione le segnalazioni sono inviate all’indirizzo email dell’Organismo di Vigilanza) e l’adozione di sistemi di criptazione dei documenti.

Infine, è emerso che ben l’88% del campione ritiene che il modello organizzativo del Decreto 231 rappresenti uno strumento utile al fine di prevenire la commissione di reati e, dunque, tutelare la realtà societaria da responsabilità amministrativa.

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