Cassazione: responsabilità del committente anche per infortuni a dipendenti di appaltatori
L’attenzione alle norme sulla sicurezza e l’estensione della platea di destinatari interessati
La pronuncia della Cassazione n. 25113/2025 si pone in continuità con la precedente sentenza 11918/2025 e con la promozione del quesito referendario di giugno dello stesso anno, tesi ad ampliare la tutela dei lavoratori in tema di salute e sicurezza sul luogo di lavoro in ambito di appalti.
In particolare la sentenza 11918 pubblicata il 6 maggio 2025 aveva stabilito il seguente principio di diritto: “Il datore di lavoro committente, che affidi lavori, servizi o forniture ad impresa appaltatrice nell’ambito della propria azienda nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo della medesima, è tenuto, ove abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto, all’adempimento degli specifici obblighi imposti dall’art. 26 del D.Lgs. n. 81 del 2008 e s.m.i.; nel caso di inadempimento di tali obblighi, il committente può essere ritenuto responsabile dell’infortunio sul lavoro occorso ai dipendenti dell’impresa appaltatrice, anche in mancanza di qualsiasi ingerenza sull’attività di quest’ultima”.
Il referendum di giugno (concluso con esito negativo) aveva ad oggetto l’abrogazione del principio normativo di esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza di rischi specifici propri delle attività delle imprese appaltatrici.
La Corte di legittimità ha ritenuto pertanto, con la sentenza n. 25113/2025 di insistere nel proporre un’interpretazione normativa decisamente orientata alla tutela del lavoratore, riformando le decisioni di merito già assunte dalla “doppia conforme” della Corte d’appello di Venezia e dal Tribunale di Vicenza.
Il caso e i principi affermati dalla Cassazione
Il caso riguardava un grave incidente avvenuto nel 2011 ad un operaio dell’azienda affidataria che eseguiva lavori di manutenzione di un macchinario all’interno dei locali della committente.
Il Tribunale di Vicenza escludeva la responsabilità della committente, condannando solo la datrice di lavoro e la Corte d’Appello confermava la decisione, ritenendo non applicabile l’art. 26 T.U. Sicurezza.
La sentenza d’Appello è stata cassata con rinvio, affinché il giudice di merito valutasse: l’eventuale inadempimento agli obblighi ex art. 26 D.Lgs. 81/2008, l’incidenza causale di tali inadempimenti sull’infortunio, la responsabilità contrattuale del committente secondo i criteri civilistici.
La Cassazione ha censurato l’approccio della Corte territoriale, evidenziando che l’assenza contingente di lavorazioni in corso o di personale della committente non escludeva automaticamente il rischio interferenziale; al contrario la compresenza, anche solo potenziale, di lavoratori di imprese diverse nello stesso ambiente di lavoro imponeva l’attivazione delle misure di prevenzione ex art. 26.
Inoltre, non era sufficiente la verifica del Giudice di merito riguardo l’assenza di culpa in eligendo o in vigilando, né l’assenza di ingerenza del committente, ma era necessario accertare se il committente avesse adempiuto agli obblighi di informazione, cooperazione e coordinamento previsti dalla normativa.
La Corte di Cassazione pertanto stabilisce che il rischio interferenziale non dipende dalla presenza simultanea di più lavoratori, ma dalla condivisione dell’ambiente di lavoro e che il committente, in quanto titolare giuridico e materiale del luogo, è tenuto a garantire la sicurezza anche in caso di interventi affidati a terzi.
Riflessi dei principi espressi in tema di oneri probatori
Nel caso esaminato è stata dichiarata la responsabilità anche della ditta committente, in quanto non aveva provato l’adempimento degli obblighi imposti. In particolare, rispetto alla domanda svolta dai familiari dell’infortunato la Corte ha chiarito che, al fine di escludere la sussistenza del danno parentale che è insito nell’infortunio di un familiare, è lo stesso imprenditore chiamato a risponderne che deve dimostrare l’assenza di quelle relazioni familiari atte a giustificare l’affermazione del danno in proprio patito dai parenti del lavoratore infortunato.
Più in generale si può concludere che al committente non basta affermare l’assenza di interferenze tra la propria attività e quella dell’appaltatore che svolga un lavoro presso la propria azienda ma deve dimostrare di avere adempiuto a tutti gli obblighi che gravano su di lui in base alle disposizioni del testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, al fine di poter essere sollevato da qualsiasi responsabilità per l’infortunio che si sia verificato in danno di un dipendente della società appaltatrice durante l’esecuzione di lavori presso le sue sedi.
Gli obblighi imposti a contrasto del cosiddetto rischio interferenziale vanno adempiuti nei modi indicati dal testo unico. Specificatamente dall’articolo 26 del Dlgs 81/2008 (precedentemente articolo 7 del Dlgs 626/1994) che in caso di appalti prescrive a carico del committente che affidi ad altre imprese singole fasi di produzione di procedere a: valutazione dei rischi, informazioni, formazione, adozione di misure, cooperazione all’attuazione delle misure, coordinamento e controllo.
Di conseguenza la responsabilità del committente (in relazione agli obblighi suindicati) è oggi pacificamente implicita nell’esecuzione di un’attività produttiva attraverso contratti di appalto; talché il committente ne risponde tutte le volte in cui nel caso concreto non ha adempiuto agli obblighi sopra descritti.
Implicazioni pratiche per le imprese
Questo orientamento rafforza l’obbligo per le imprese committenti di attivare protocolli di sicurezza anche in caso di interventi brevi, tecnici o apparentemente isolati. La valutazione del rischio deve essere preventiva, documentata e condivisa, pena la responsabilità civile in caso di sinistro.
La sentenza della Cassazione impone alle imprese committenti una riflessione profonda sull’organizzazione della sicurezza nei rapporti di appalto e manutenzione. Anche in assenza di contatto fisico tra lavoratori, la sola compresenza (potenziale o effettiva) in ambienti condivisi genera obblighi di prevenzione.
Ecco cosa inserire concretamente nelle policy aziendali per limitare i rischi: mappature preventive delle interferenze, protocolli di coordinamento operativi, clausole contrattuali di sicurezza, percorsi di formazione e sensibilizzazione interna, audit periodici e procedure di conservazione e tracciabilità documentali.