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Tempo lettura: 3 minutiIl primo semestre 2025 segna un record storico di cyberattacchi globali (+36%), con l’Italia che assorbe oltre il 10% degli incidenti. Una crisi sistemica da affrontare

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Cyberattacchi: Italia epicentro della guerra digitale. 2025 anno nero

 

La crisi globale dei cyberattacchi: un bilancio senza precedenti

 

Il 2025 si sta delineando come un anno di svolta nella storia della cybersicurezza globale, segnato da un’escalation senza precedenti di cyberattacchi. I dati del Rapporto Clusit 2025, presentati in occasione del Security Summit Streaming Edition, rivelano una realtà allarmante: nel primo semestre dell’anno sono stati registrati 2.755 incidenti gravi a livello mondiale, un incremento del 36% rispetto al semestre precedente. Questo picco non è solo quantitativo, ma anche qualitativo, con l’82% degli episodi classificati con impatto “critico” o “elevato”.

La frequenza media degli incidenti ha raggiunto la cifra impressionante di oltre 15 cyberattacchi al giorno, quasi il doppio rispetto ai 9 registrati nel semestre precedente. Questa tendenza evidenzia un marcato squilibrio tra la crescente capacità offensiva degli attaccanti e l’efficacia delle contromisure difensive. Come sottolineato dagli esperti, se questo divario dovesse consolidarsi, il problema rischia di coinvolgere l’intero sistema organizzativo, industriale e sociale.

 

 

L’Italia nel mirino: oltre il 10% degli attacchi globali

 

In questo scenario di guerra digitale, l’Italia si conferma, purtroppo, uno dei bersagli principali. Con il 10,2% degli cyberattacchi globali, il nostro Paese è esposto a una minaccia sproporzionata rispetto alla sua dimensione economica e demografica. Questo dato, in costante crescita dal 3,4% del 2021, rappresenta un vero e proprio svantaggio competitivo per il sistema Italia.

L’anomalia italiana risiede nella tipologia degli attacchi. Mentre a livello mondiale il cybercrime (responsabile del 76% degli attacchi globali) domina, in Italia si è verificato un sorpasso storico: per la prima volta, l’hacktivism supera il crimine informatico, rappresentando il 54% degli incidenti nazionali. Questo fenomeno è strettamente legato alle tensioni geopolitiche e ai conflitti ibridi, con attacchi di tipo DDoS (Distributed Denial of Service) spesso attribuiti a gruppi di attivisti coordinati da strutture governative estere.

 

 

Hacktivism e infrastrutture critiche: la nuova frontiera del conflitto

 

L’impennata dell’hacktivism ha avuto un impatto devastante sulle istituzioni e sulle infrastrutture critiche italiane. Il 38% dei cyberattacchi ha colpito siti governativi, militari e delle forze dell’ordine, con una crescita esponenziale del 600% in un solo anno. Altri settori chiave, come i trasporti e la logistica (17%) e il manifatturiero (13%), sono stati bersagliati per mettere in crisi interi comparti produttivi e limitare la capacità di approvvigionamento e distribuzione.

Sebbene gli attacchi in Italia risultino meno “critici” in termini di gravità immediata (solo il 7% contro il 29% globale), la loro elevata frequenza genera un rischio sistemico crescente. La saturazione delle risorse, i danni reputazionali e l’aumento dei costi di difesa sono conseguenze dirette di questa persistente attività ostile, che affianca alle incursioni tecniche una costante attività di disinformazione da parte di stampa e televisione.

 

 

La risposta giuridica e strategica: verso la resilienza strutturale

 

Di fronte a questa minaccia sistemica, la cybersicurezza non può più essere considerata un mero problema tecnico, ma un tema di sicurezza nazionale. Il panorama giuridico europeo sta cercando di rispondere a questa escalation attraverso l’implementazione di direttive come la NIS2 (Network and Information Security Directive), che impone standard comuni di sicurezza per 18 settori critici.

Il cambio di paradigma invocato dagli esperti è quello di passare da una difesa “perimetrale” a una resilienza strutturale che coinvolga l’intero ecosistema produttivo e istituzionale. La strategia si basa su tre pilastri fondamentali: formazione, cooperazione pubblico-privato e la piena attuazione delle normative europee. L’obiettivo è colmare il divario tra attaccanti e difensori, trasformando l’Italia da “laboratorio della vulnerabilità” a modello di cybersicurezza avanzata.

 

 

Documenti utili

 

Rapporto Clusit 2025 – Edizione di metà anno, Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica

 

Direttiva (UE) 2022/2555 (NIS2), Parlamento Europeo e del Consiglio

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