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Tempo lettura: 2 minutiLa direttiva UE 970/2023 rivoluziona le controversie sulle Retribuzioni, invertendo l’onere della prova. Le aziende dovranno dimostrare la non discriminazione salariale

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Retribuzioni: nuove regole UE, prova a carico dell’Azienda

Retribuzioni e onere della prova: cosa cambia per le aziende

 

La nuova direttiva europea 970/2023 introduce un cambiamento epocale nella gestione delle retribuzioni, destinato a modificare profondamente gli equilibri tra datori di lavoro e dipendenti. La novità più significativa è l’inversione dell’onere della prova: in caso di presunta disparità salariale, non sarà più il lavoratore a dover dimostrare la discriminazione, ma l’azienda a dover provare la sua insussistenza. Questa misura si applica quando vengono presentati elementi di fatto che suggeriscano una potenziale violazione del principio di parità delle retribuzioni. Questa impostazione processuale, che deroga ai principi tradizionali, impone al datore di lavoro di dimostrare attivamente la correttezza delle proprie politiche sulle retribuzioni. Spetterà infatti alla parte datoriale convenuta in giudizio l’onere di provare l’assenza di qualsiasi discriminazione, sia essa diretta o indiretta. Gli esperti avvertono che tale cambiamento potrebbe portare a un sensibile aumento del contenzioso, considerando che frequentemente il lavoratore vede compensate le spese legali anche in caso di esito negativo del giudizio. Si pensi ad esempio ad eventuali discriminazioni di genere attuate attraverso inique politiche salariali che spesso coinvolgono le figure apicali o ancora alla mancata ponderazione della retribuzione oraria nei contratti part time rispetto a quelli full time. La gestione trasparente delle retribuzioni diventa quindi un fattore strategico per il datore di lavoro.

 

 

Trasparenza delle retribuzioni e poteri ispettivi

 

L’onere della prova a carico dell’azienda scatta anche in un’altra circostanza determinante: la mancata adesione agli obblighi di trasparenza sulle retribuzioni. Se un’impresa non rispetta le norme previste dagli articoli 5, 6, 7, 9 e 10 della direttiva, l’inversione probatoria è automatica, a meno che non si dimostri che la violazione è stata “manifestamente involontaria e di lieve entità”. Inoltre, le autorità giudiziarie avranno il potere di ordinare all’azienda la divulgazione di qualsiasi prova pertinente, incluse informazioni riservate, per accertare la verità sui fatti relativi alle retribuzioni.

 

 

Nuove tutele e prescrizione per le controversie sulle retribuzioni

 

Un altro pilastro della direttiva riguarda i termini di prescrizione per i ricorsi. Gli Stati membri dovranno fissare un termine non inferiore a tre anni, che inizierà a decorrere non dal momento della violazione, ma da quando il lavoratore ne è venuto a conoscenza o si presume ragionevolmente che potesse esserlo. Questo rafforza la tutela del lavoratore, concedendogli più tempo per agire legalmente contro le disparità nelle retribuzioni. Il termine viene inoltre sospeso non appena viene avviata un’azione formale. In conclusione, la direttiva 970/2023 non si limita a enunciare un principio, ma fornisce strumenti concreti per la sua applicazione, spostando l’asse della responsabilità sulle aziende. L’inversione dell’onere della prova è il fulcro di un nuovo sistema di tutele che richiederà alle imprese un approccio più rigoroso e documentato nella definizione delle politiche di retribuzioni. Il recepimento a livello nazionale sarà decisivo per bilanciare la giusta tutela della parità di retribuzioni con la necessità di prevenire un’ondata di contenziosi seriali.

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