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Tempo lettura: 2 minuti Il datore può usare investigatori privati per controllare il dipendente, ma solo per condotte illecite e non per l'attività ordinaria. Il controllo deve avvenire in luoghi pubblici

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Cassazione: sì all’investigatore per il dipendente infedele

Il potere di controllo del datore di lavoro: limiti e condizioni

 

Il dibattito sui controlli a distanza e sulla sorveglianza dei dipendenti da parte del datore di lavoro trova un punto fermo nella giurisprudenza italiana. È riconosciuta al datore di lavoro la facoltà di utilizzare agenzie investigative private per monitorare l’attività dei lavoratori, ma tale potere è soggetto a limiti ben precisi. L’indagine è considerata legittima a condizione che sia finalizzata non a verificare le modalità con cui il dipendente svolge i suoi compiti ordinari, bensì ad accertare la presenza di comportamenti illeciti. Questi comportamenti includono condotte che possono avere rilevanza penale, danneggiare il patrimonio aziendale o compromettere l’immagine e la reputazione esterna dell’azienda.

 

 

 

La sentenza della Cassazione: il controllo su condotte estranee alla prestazione

 

A ribadire e chiarire tale principio è intervenuta la Corte di cassazione (sezione lavoro, 24 novembre 2025, n. 30821). La pronuncia è scaturita dal caso di una guardia campestre licenziata per aver simulato lo svolgimento del servizio, un accertamento condotto proprio tramite un’agenzia investigativa. I giudici di merito hanno ritenuto legittima l’attività investigativa poiché volta a verificare condotte illecite che si ponevano al di fuori del mero inadempimento della prestazione lavorativa. Si trattava, infatti, di comportamenti non consentiti, estranei all’attività lavorativa ordinaria e, in quanto tali, sottratti ai limiti imposti dallo statuto dei lavoratori in materia di controlli. La condotta del lavoratore, confermata dalle prove testimoniali dell’agenzia, ha dunque integrato la giusta causa di licenziamento.

 

 

 

L’indagine in luoghi pubblici: la condizione di legittimità

 

La Suprema Corte ha confermato l’orientamento dei gradi precedenti, sottolineando che l’ammissibilità dei controlli tramite investigatori privati dipende dalla natura della condotta oggetto di indagine. Il principio cardine è che se, insomma, a essere controllati sono comportamenti del lavoratore non inerenti all’esercizio dell’attività lavorativa ma posti in essere in luoghi pubblici e di cui si pone in dubbio la liceità, il ricorso ad agenzie investigative rappresenta una legittimità facoltà del datore di lavoro. L’accertamento, quindi, deve riguardare attività che si svolgono al di fuori del luogo di lavoro e che non rientrano nell’esecuzione ordinaria della mansione, ma che ledono il vincolo fiduciario con l’azienda.

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