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La Corte Europea dei diritti dell’uomo (“Corte EDU”) ha confermato con la sentenza 257 del 2 settembre 2021 i provvedimenti delle corti domestiche francesi contro il signor Sanchez e ha condannato il ricorrente a una multa di 3000 euro, per non essere intervenuto nel monitorare i commenti discriminatori pubblicati sulla sua bacheca Facebook.

Il caso in esame riguarda Julien Sanchez, sindaco del comune di Beaucaire e candidato parlamentare che il giorno 24/10/2011 ha pubblicato un post sulla sua bacheca pubblica di Facebook relativo a un suo avversario politico. Sotto questo post sono stati pubblicati, da parte di altri utenti, commenti discriminatori sulla persona del politico e di sua moglie, incitanti la discriminazione nei confronti della comunità musulmana. I commenti in questione erano ad alto contenuto razzista e xenofobo e hanno portato la moglie del politico a rivolgersi alle autorità.

Il tribunale di primo grado ha dichiarato colpevoli il Signor Sanchez e altri due “commentatori” e li ha condannati a una multa di 4.000 euro. Inoltre, al Signor Sanchez e a uno dei commentatori è stato ordinato di pagare 1.000 euro come risarcimento danni.

Il Signor Sanchez, lasciando i commenti in questione attivi per sei settimane sulla sua bacheca, è stato accusato di non aver agito prontamente nel fermare la disseminazione dei commenti discriminatori ed è stato considerato come “produttore” della comunicazione pubblica online.

Successivamente, la Corte d’Appello ha confermato la sentenza del tribunale, riducendo a 3.000 la multa da pagare e riconfermando il risarcimento del danno. Secondo questa Corte i commenti discriminatori posti al vaglio associano la fede musulmana alla criminalità e all’insicurezza ed il Signor Sanchez deve essere considerato responsabile, considerato anche il suo ruolo politico che dovrebbe alzare il grado di vigilanza.

Il 17 marzo 2015 la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso presentato dal Signor Sanchez ed il seguente 15 settembre il ricorrente si è rivolto alla Corte EDU.

La tesi del ricorrente era che i commenti postati sulla sua bacheca fossero tutelati dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo in materia di libertà di espressione.

La Corte EDU ha ritenuto che, tenuto conto della condanna che avrebbe potuto affrontare e della mancanza di altre conseguenze accertate, l’ingerenza nel diritto del ricorrente alla libertà di espressione non era stata sproporzionata.

Nelle circostanze specifiche del caso, la Corte EDU ha ritenuto che la decisione dei tribunali nazionali di condannare il ricorrente a causa della sua omissione era stata fondata su ragioni pertinenti e sufficienti, tenuto conto del margine di apprezzamento concesso allo Stato convenuto. Di conseguenza, l’ingerenza denunciata potrebbe essere considerata “necessaria in una società democratica”.  La Corte EDU ha ritenuto pertanto insussistente la pretesa violazione dell’articolo 10 della Convenzione.

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