I gravi motivi del recesso del conduttore: si pronuncia la Cassazione

Recesso del conduttore

Nonostante la fine (a voler essere ottimisti!) della pandemia da Covid-19, i segnali della crisi e della recessione sono quanto mai evidenti, riportando in auge il dibattito su quei “gravi motivi” che legittimerebbero il recesso del conduttore.

Si segnala pertanto la recente Ordinanza n. 26618 del 9 settembre 2022, con la quale la Corte di Cassazione ha ritenuto insufficiente per il recesso del conduttore addurre la semplice chiusura dell’attività imprenditoriale nei locali locati.

Il recesso del conduttore nelle locazioni commerciali

Per il conduttore nelle locazioni commerciali (locazioni di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione) disciplinate dalla Legge n. 392 del 1978, due sono le possibilità di recesso offerte dalla normativa.

La prima: l’ipotesi di recesso c.d. convenzionale inserito mediante espressa clausola nel contratto di locazione che attribuisce facoltà al conduttore di esercitare il recesso, dandone comunicazione al locatore per lettera raccomandata o con altra modalità equipollente, almeno 6 mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione (art. 27, settimo comma); la seconda consente, invece, il recesso del conduttore dal rapporto contrattuale in ogni momento ma unicamente in presenza di “gravi motivi(art. 27, ultimo comma).

Fermo, anche in quest’ultimo caso, il necessario preavviso di 6 mesi per l’invio della comunicazione al locatore, ai fini del valido ed efficace esercizio del recesso, grava sul conduttore l’ulteriore onere di indicare nella raccomandata sia l’intenzione dello stesso di recedere dal contratto sia l’indicazione di motivi che siano “gravi”, estranei alla volontà del conduttore e imprevedibili.

In mancanza il recesso sarà da considerarsi invalido e passibile di contestazione da parte del locatore, che potrà far valere in giudizio il mantenimento in vita del rapporto e la debenza dei canoni maturati.

La pronuncia sul recesso del conduttore

È quanto, in effetti, rilevato dai supremi giudici (Cass. civ., Sez. III, Ordinanza, 09/09/2022, n. 26618) richiedendo una gravosità dei motivi tale da eccedere l’ambito della normale alea contrattuale e da incidere significativamente sull’andamento dell’azienda globalmente considerata.

La Corte ha osservato che, sebbene non vi sia l’obbligo per il conduttore di approfondire le ragioni di fatto, di diritto o economiche su cui il grave motivo è fondato, né di fornirne la prova, tali caratteri oggettivamente considerati non possono certamente rinvenirsi nella personale valutazione imprenditoriale effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare la propria attività commerciale.

Ne consegue che, in difetto di specificazione delle ulteriori ragioni sottese alla decisione assunta, non legittima la facoltà di recesso del conduttore l’indicare come grave motivo del recesso lo stop dell’attività commerciale.

 

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