Informazioni aziendali segrete: attenzione alle prove

Una recente pronuncia del Tribunale di Bologna invita ancora una volta l’imprenditore a porre in essere misure volte a tutelare il proprio patrimonio di dati e informazioni aziendali e a valutare correttamente gli elementi di prova utilizzabili al medesimo fine.

Con ordinanza del 20 dicembre 2016, il Tribunale di Bologna non ha accolto le domande di una società, operante nel settore della camiceria, volte ad ottenere la descrizione giudiziale dei sistemi informatici e telematici di una società concorrente nonché i provvedimenti di inibitoria riferiti, in particolare, all’utilizzo da parte di una società concorrente di informazioni aziendali segrete (sia commerciali, tra cui nominativi di clienti e fornitori, prezzi e termini di consegna, sia tecniche, tra cui specifiche costruttive, metodi di produzione di articoli o relativi particolari), delle quali la ricorrente aveva lamentato l’utilizzo abusivo attribuito al proprio (unico) ex-dipendente.

Il Tribunale, nel caso in questione, non ha ritenuto ammissibile la prova fornita dalla ricorrente, consistente in una consulenza tecnica informatica del computer aziendale in uso al dipendente, che aveva riguardato anche messaggi di posta elettronica transitati sull’account privato e personale del lavoratore.

Il Tribunale ha rilevato, infatti, come tali messaggi, poiché trasmessi nell’ambito di una corrispondenza privata, abbiano natura riservata e siano pertanto “totalmente sottratti anche al controllo del datore di lavoro, esperibile esclusivamente sulla posta elettronica aziendale e durante lo svolgimento del lavoro”.

Nel caso specifico, il solo fatto che l’acquisizione da parte della società ricorrente avesse avuto ad oggetto “frammenti di messaggi di posta elettronica rimasti memorizzati in copie locali sul computer aziendale già utilizzato dal dipendente, durante la consultazione da parte del titolare della casella di posta elettronica privata…” ha indotto il Tribunale ad escluderne la liceità, trattandosi di “comunicazioni riservate ed inviolabili… tutelate dall’ordinamento anche nella forma della trasmissione informatica e telematica, ai sensi dell’art. 15 della Costituzione e dell’art. 616 c.p.”.

In sintesi, l’inammissibilità della consulenza tecnica informatica oltre alla mancata prova dei requisiti di protezione delle informazioni aziendali di cui agli articoli 98 e 99 del Codice di Proprietà Industriale ha comportato il mancato accoglimento delle domande della società ricorrente, ivi inclusa la domanda riferita alla descrizione giudiziale, “la cui funzione – come sottolineato dai giudici bolognesi – di misura di istruzione preventiva, diretta ad acquisire la prova della violazione del diritto, non ne comporta la natura esplorativa e non può prescindere dalla sussistenza del requisito del fumus boni iuris”.  

PIVA IT02230331205

Avvertenze   Privacy Policy

Credits webit.it