Trasporto per conto terzi: revocato decreto ingiuntivo sui costi minimi

Con sentenza 11 giugno 2019, il Tribunale di Parma si è pronunciato sull’opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso nell’ambito di un contratto di trasporto per conto terzi e relativo ad una serie di trasporti eseguiti dal mese di luglio 2009 al mese di giugno 2012.

Con tale decreto, l’impresa committente era stata condannata al pagamento di una somma di denaro pari alla differenza tra quanto effettivamente percepito e il corrispettivo minimo dovuto per legge sulla base dei costi minimi di esercizio che garantiscono i parametri di sicurezza previsto dall’art. 83bis della Legge n. 133/2008, che ha convertito in legge il Decreto-Legge n. 112/2008.

Nelle more del giudizio di opposizione era intervenuta la pronuncia della Corte di Giustizia del 4 settembre 2014 (Corte Giustizia, Quinta Sezione, cause riunite da C-184/2013 a C-187/2013, C-194/2013, C-195/2013 e C-208/2013), con cui la stessa Corte aveva affermato che “la determinazione dei costi minimi d’esercizio per l’autotrasporto, resa obbligatoria da una normativa nazionale quale quella controversa nei procedimenti principali, è idonea a restringere il gioco della concorrenza nel mercato interno”, ponendosi, così, in contrasto con l’art. 101 TFUE.

A seguito di tale decisione della Corte di Lussemburgo, il Legislatore nazionale era intervenuto con la Legge di Stabilità 2015 (Legge n. 190/2014, in vigore dal 1 gennaio 2015) che aveva abrogato la disposizione in esame, enunciando il diverso principio dell’autonomia contrattuale nella determinazione del corrispettivo nel contratto di trasporto per conto terzi.

Nonostante con la successiva pronuncia del 21 giugno 2016 la Corte di Giustizia, adita dal Tribunale di Cagliari, avesse stabilito che “l’art. 101 TFUE, in combinato disposto con l’art. 4, par. 3, TUE, non osta a una normativa nazionale in forza della quale il prezzo dei servizi di trasporto non può essere inferiore a costi minimi di esercizio determinati da un’amministrazione nazionale”, secondo l’opinione dominante, la stessa decisione “non legittima, anche ai fini della tutela della sicurezza, l’individuazione di valori attraverso metodi e criteri tali da produrre indebite restrizioni della concorrenza, ove sia possibile ricorrere a strumenti meno restrittivi”, restando, pertanto, fermo quanto enunciato nella sentenza del settembre 2014, in merito alla non idoneità dello strumento dei costi minimi per perseguire l’obiettivo di tutelare la sicurezza.

Pertanto, rilevata la contrarietà al diritto comunitario della disposizione legislativa alla base del decreto ingiuntivo opposto, il Tribunale di Parma ha disposto la revoca dello stesso e la compensazione tra le parti delle spese di lite in quanto la normativa era stata dichiarata in contrasto con l’ordinamento dell’Unione Europea solo in corso di causa.

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